Meditazione capitolo 9 - I grandi maestri e i loro insegnamenti nel mondo della meditazione

 La Meditazione cap 9 

I grandi Maestri 

Gli insegnamenti dei maestri spirituali della storia 


Mandala con al centro il simbolo dell'Om 


Gurdjieff 





George Ivanovitch Gurdjieff dedico la sua vita alla ricerca del senso profondo dell'esistenza umana

George Ivanovitch Gurdjieff nacque nel 1869 ad Alexandropol (oggi Kumajri) nella Russia armena, probabilmente il 13 gennaio 1866, anche se alcune fonti riportano come anno di nascita il 1869 o il 1877. Il padre era di origine greca, la madre armena. Suo padre, allevatore, aveva ereditato la tradizione orale di un'antichissima cultura, e grazie a lui l'infanzia di Gurdjieff fu tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Ricevette una formazione scientifica moderna, una profonda educazione religiosa e assorbì l'antichissima tradizione orale trasmessagli dal padre attraverso racconti e canti popolari greci. Per tutta la vita cercò di penetrare il senso profondo dell'esistenza umana coadiuvato nelle sue ricerche da altri studiosi, geografi, archeologi e medici (il gruppo dei "Cercatori della Verità"). Gurdjieff, trascorse lunghi periodi di studio presso alcune tribù e comunità isolate in Africa, Medio Oriente e Asia, intento a raccogliere frammenti di saggezza popolare. Successivamente rielaborò personalmente tutte le nozioni acquisite giungendo a quella "sapienza" che da sempre andava cercando.

Nel 1912 sbarca in Europa con una importante missione da intraprendere: estendere questa conoscenza agli altri. Attorno alla sua figura carismatica, a Mosca e a Pietroburgo si formano gruppi di ricerca. Uno dei suoi primi allievi, P.D. Ouspensky (1878-1947), avrebbe in seguito testimoniato il valore dell'insegnamento di Gurdjieff. A Istanbul partecipò con Ouspensky alle cerimonie dei "dervisci rotanti". La guerra e, successivamente, la rivoluzione, lo indussero a trasferirsi in Francia dove si stabili nel 1922, nei presso di Fontainebleau. Qui raccolse attorno a sé un gruppo di allievi di tutte le nazionalità. Fu anche negli Stati Uniti dove diede vita ad altri gruppi di ricerca e mise in scena sugge- stive "danze sacre". Dopo un grave incidente automobili- stico (1924) decise di dedicarsi soprattutto alla scrittura e scrisse opere affascinanti e complesse come I racconti di Belzebu al suo piccolo nipote e incontri con uomini straordinari. Mori il 29 ottobre 1949 a Neuilly.


La quarta via


Tradizionalmente, secondo Gurdjieff, l'immortalità poteva essere raggiunta attraverso strade anguste, non comuni. Esse erano tre: la via del fachiro, la via del monaco, la via dello yogi.
La via del fachiro consiste nella lotta contro il corpo fisico, trascurando tutte le emozioni e l'intelletto. Lo stare giorni e giorni ritti su di un piede su di una colonna era un esercizio mirato unicamente ad afferrare la volontà, il pieno controllo sul corpo fisico. La via del monaco, invece, consisteva in una strenua lotta contro i sentimenti, mediante la sottomissione a un sentimento ben superiore: la fede. La via dello yogi, infine, era la via del dominio della mente. Secondo il parere di Gurdjieff tutte le suddette vie raggiungevano un fine parziale in quanto, se pur ognuna giungeva al pieno controllo su uno dei tre corpi, impossibilitate a giovarsi dei benefici possibili con l'esercizio simultaneo su corpo, mente e spirito. Le tre vie della tradizione possono interessare solo quanti intendano allontanarsi da tutto ciò che li circonda, la loro scelta coincide con la rinuncia al mondo. La quarta via suggerita da Gurdjieff, invece, non esige il rifiuto della vita comune: le normali e quotidiane condizioni di vita, infatti, sono senza dubbio le migliori e rivelano ciò che effettivamente l'uomo è. Così all'isolamento totale richiesto dalle tre vie della tradizione, la quarta via contrappone una più naturale solitudine. Ognuno deve trovare da sé la propria quarta via perché essa non ha una forma definita, valida per sempre e per tutti! Il lungo brano che riporto di seguito è tratto dal testo:

Frammenti di un insegnamento sconosciuto di P.D. Ouspensky che, assieme a La quarta via, rappresenta l'esposizione più completa e densa dell'opera di Gurdjieff:

"... soltanto l'uomo che possieda i quattro corpi completamente sviluppati può essere chiamato Uomo nel pieno senso della parola. Così, l'uomo compiuto possiede numerose proprietà che l'uomo ordinario non possiede. Una di queste proprietà è l'immortalità. Tutte le religioni e tutti gli insegnamenti antichi contengono l'idea che con l'acquisizione del quarto corpo l'uomo acquista l'immortalità; e tutte indicano delle vie per acquisire il quarto corpo, ossia l'immortalità. In relazione a ciò, alcuni insegnamenti paragonano l'uomo ad una casa di quattro stanze. L'uomo vive in una sola, la più piccola e la più povera di tutte, senza supporre minimamente, fino a quando non glielo si dice, l'esistenza delle altre, che sono piene di tesori. Quando egli ne sente parlare, incomincia a cercare le chiavi di queste stanze, e specialmente della quarta, la più importante. E quando un uomo ha trovato il mezzo di penetrarvi, diventa realmente il padrone della sua casa, perché è soltanto allora che la casa gli appartiene completamente e per sempre. La quarta stanza dà all'uomo l'immortalità e tutti gli insegnamenti religiosi si sforzano di indicargli il cammino verso di essa. Vi è un grandissimo numero di strade, più o meno lunghe, più o meno dure, ma tutte, senza eccezione, conducono o cercano di condurre in una stessa direzione, che è quella dell'immortalità. L'immortalità non è una proprietà con la quale l'uomo nasce, ma una proprietà che può essere acquisita. Tutte le vie che conducono all'immortalità, quelle che sono generalmente conosciute e le altre, possono essere ripartite in tre categorie:


  1. 1 La via del fachiro.
  2. La via del monaco
  3. La via dello yogi

La via del fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è lunga, difficile e incerta. Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli vi riesce traverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi. Egli sta in piedi, nella medesima posizione, senza un movimento, per ore, giorni, mesi o anni; oppure siede con le braccia tese, su un nudo sasso, al sole, alla pioggia, alla neve; oppure si infligge il supplizio del fuoco o quello del formicaio in cui egli tiene le gambe nude, e così via. Se non cade ammalato o non muore, si sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge allora la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni, emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la volontà, ma non possiede niente in cui applicarla, non può farne uso per acquistare la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per cominciare un lavoro nuovo. Questa la prima via.

La seconda è quella del monaco È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa non può diventare un monaco nel vero senso della parola. Pure la via del monaco è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni a lottare contro se stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sul secondo corpo, ossia sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la fede, egli sviluppa in se stesso l'unità, la volontà sulle emozioni.

La terza via è quella dello yogi È la via della conoscenza, la via dell'intelletto. Lo yogi riesce a sviluppare il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e, come il fachiro ed il monaco, egli è incapace di trarre profitto da ciò che ha realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Per diventare capace di fare deve conquistare il dominio sul suo corpo e sulle sue emozioni. Per riuscirvi, deve rimettersi al lavoro ed egli non otterrà alcun risultato se non con degli sforzi prolungati. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un certo grado e non vanno oltre. E la situazione sarebbe veramente disperata se non esistesse un'altra possibilità, quella di una quarta via.

La quarta via non richiede che ci si ritiri dal mondo, non esige la rinuncia a tutto ciò che formava la nostra vita. Essa comincia molto più lontano che non la via dello yogi. Ciò significa che bisogna essere preparati per impegnarsi sulla quarta via e che questa preparazione deve essere acquisita nella vita ordinaria, essere molto seria e abbracciare parecchi aspetti differenti. Inoltre un uomo che vuole seguire la quarta via deve riunire nella sua vita condizioni favorevoli al lavoro, o che in ogni caso non lo rendano impossibile. Infatti, bisogna convincersi che sia nella vita esteriore che nella vita interiore di un uomo, certe condizioni possono costituire per la quarta via barriere insormontabili. Aggiungiamo che questa via, contrariamente a quella del fachiro, del monaco e dello yogi, non ha una forma definita. Prima di tutto essa deve essere trovata. È la prima prova. Ed è difficile, poiché, la quarta via è ben lontana dall'essere conosciuta quanto le altre tre vie tradizionali. C'è molta gente che non ne ha mai sentito parlare ed altri che negano semplicemente la sua esistenza o anche la sua possibilità bisogna lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero, bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni: mentre si lavora sulle emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di riuscire è la possibilità. nella quarta via, di fare uso di un sapere. particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. Questo sapere rende possibile un lavoro simultaneo nelle tre direzioni. Tutta una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale, servono a questo scopo. Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno; vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che si è mantenuto per tradizione nelle altre vie". (tratto da P.D. Ouspen sky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, Roma, 1976).


Aurobindo

Il fulcro dell'insegnamento di Ghosh Aurobindo è lo Yoga integrale.


Ghosh Aurobindo nacque a Calcutta il 15 agosto 1872. Studiò in Inghilterra per fare ritorno in India nel 1893. Nel 1902 entrò in contatto con il movimento rivoluziona- rio del Bengala e fondò successivamente un giornale che propugnava i principi del- la resistenza passiva: promosse azioni di non cooperazione, boicottaggio e resistenza nei confronti del governo britannico in India. Arrestato e incarcerato nel 1907 ad Alipore, trascorse un anno in prigione e proprio qui iniziò a coltivare la meditazione e a praticare lo yoga. Tornato in libertà si dedicò prevalentemente alla realizzazione spirituale interiore, ritirandosi a Pondi- cherry e fondando un ashram con l'aiuto di Mira Alfassa (1878-1973, soprannomi- nata Mère, la Madre), sua stretta collaboratrice.

Il fulcro dell'attività e dell'insegnamento di Aurobindo è lo Yoga Integrale, che, secondo il Maestro, è l'unica via per la realizzazione spirituale e la liberazione della coscienza. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla stesura di Savitri, poema. composto di ben 23.813 versi. Attraverso la pratica respiratoria (pranajama) fece esperienza dell'illuminazione (prakash- maya) che poi descrisse in una vastissima produzione poetica e letteraria. Mori nel 1950 a Pondicherry.


Lo scopo ultimo del suo Yoga Integrale non era semplicemente quello di realizzare uno stato di coscienza superiore nel singolo individuo, bensì quello di proseguire oltre, alla ricerca di un'esperienza totalizzante. Il problema del nostro tempo, per il Maestro, è la trasformazione dell'uomo nel grande essere spirituale che potenzialmente è.


Lo yoga dev'essere praticato quindi come mezzo per trasformare la condizione attuale dell'umanità. La riflessione di Aurobindo, partita dagli antichi insegnamenti della tradizione indiana, porta alla tesi che, dietro le apparenze dell'universo (il velo di maya), si cela l'essenza di tutte le cose, unica ed eterna, con la quale è possibile entrare in contatto squarciando il velo di ignoranza che separa l'essere umano da questa realtà. Aurobindo afferma che questo Sé supremo è presente allo stato involuto anche nel mondo della materia e che l'Evoluzione è il metodo attraverso il quale l'Essere libera se stesso e diventa accessibile alla nostra coscienza. La mente, se è il termine più alto raggiunto fino ad ora dall'Evoluzione, non è però l'ultimo grado che essa può, potenzialmente, raggiungere. Se i passi precedenti nell'Evoluzione sono stati compiuti dalla Natura, nell'uomo si manifesta la capacità di evolvere ulteriormente grazie alla volontà cosciente. Non è comunque solo attraverso la volontà mentale nell'uomo che questo passaggio può essere compiuto completamente, poiché la mente arriva solo fino ad un certo punto oltre il quale non può che muoversi in circolo. Aurobindo rivela che è possibile la discesa di un nuovo potere di coscienza che egli chiama Super mente, il quale segnerà la nuova tappa evolutiva dell'umanità; questa nuova Coscienza ampliata non libererà solamente il Sé spirituale oltre il mondo, bensì nel mondo stesso, e sostituirà l'ignoranza degli uomini con la Conoscenza, necessaria per evolvere oltre i limiti della propria umanità e vivere finalmente in pace con i suoi simili. Non si tratta quindi di un semplice miglioramento della qualità di vita individuale, bensì di una radicale trasformazione che coinvolge la società nel suo complesso.

Mira Alfassa 

Mira Alfassa nacque a Parigi il 21 febbraio 1878. Fin dall'infanzia ebbe esperienze mistiche che le rivelarono la necessità di operare per lo sviluppo di una nuova coscienza capace di fondere la vita materiale e la vita spirituale in direzione di un'evoluzione futura dell'uomo. Studiò arte e fu lei stessa artista e musicista: Nel 1905 si accostò alla parapsicologia e alle scienze occulte fondando un gruppo di ricerca spirituale chiamato l'idée. Si reco col marito in India e qui incontro per la prima volta Sri Aurobindo nel 1914. Dopo un periodo di permanenza in Giappone, fece ritorno in India per vivere con Sri Aurobindo e sviluppare al suo fianco lo Yoga Integrale. Sri Aurobindo e Mira Alfassa fondarono lo Sri Aurobindo Ashram nel 1926 per accogliere il numero crescente di persone interessate allo Yoga Integrale. Dopo il 1926 Mira Alfassa venne conosciuta come "la Madre". Dopo la morte di Aurobindo nel 1950, Mira Alfassa porto avanti il progetto di evoluzione della coscienza cominciato con il Maestro. Per tutta la sua vita, aspirò alla creazione di una città ideale per le persone desiderose di sviluppare la propria consapevolezza ed evolvere spiritualmente.                                


Per iniziare una meditazione

Chiudi lo spiraglio delle palpebre e lascia fuori la danza frenetica delle scene tentatrici. Lascia sprofondare la mente nel pozzo senza fondo del cuore. Sofferma il pensiero su di esso mentre bolle di sangue che da vita Fissa l'attenzione sul cuore, finché non sentirai il suo ritmico pulsare. Avverti ad ogni suo battito il polso della Vita onnipotente. Figurati questa Vita che tutto pervade, mentre bussa all'uscita del cuore di milioni di corpi umani e di miliardi d'altre creature. Il battito cardiaco annuncia senza posa, sommessamente, la presenza del P'infinito potere che si cela dietro le porte della tua coscienza. Il discreto bussare della Vita che tutto pervade ti parla nel silenzio e dice: "Non accogliere in te solo una piccola parte della Mia vita, ma offri un'apertura maggiore alla tua facoltà di sentire. Lascia ch'io t'inondi il sangue, il corpo, la mente, i sentimenti e l'anima col palpito della Mia vita universale.

Fissate la mente nella divina coscienza della meditazione

Tentazioni, ingordigia, attaccamento a persone e a proprietà, asservimento ai sensi, ignoranza della vostra natura di Spirito, pigrizia e il condurre una vita meccanica sono peggiori nemici della vostra felicita. Siate attivi nel lavoro con la mente fissa nella divina coscienza che viene coltivata con la meditazione, perché allora sarete veramente felici e vivrete veramente. Quando incominciai a meditare, non potevo immaginare che nella meditazione avrei trovato un gioia tanto grande. Ma, con il passare del tempo, quanto più meditavo, tanto più gran di diventavano la mia pace e la mia beatitudine. Se vi siete stancati della vita che conducete, eppure continuate a riempirla circondandovi di un numero di cose sempre maggiori e desiderando sempre nuove esperienze, siete sulla strada sbagliata il modo più sicuro di evitare le tentazioni è quello di condurre una vita naturale una vita in armonia con Dio. Non dovete vivere un'esistenza innaturale, chiedendo senza posa la felicità a un mondo incapace di darla. La vita è troppo preziosa. Ogni giorno lo Lo prego: "Prendimi tutto se questa è la Tua volontà to cerco di fare del mio meglio, Padre, ma sii certo di questo soprattutto, io voglio piacere a Te. Cercherò di compiacere anche gli altri, ma più di ogni altra cosa desidero compiacere Te Se pregate cosi, potete subire molte prove dei desideri ma se continuerete a combattere le abitudini e le tendenze cattive, Egli comincerà gradualmente ad avvicinarsi a voi, e alla fine vedrete che, come una grande fiumana, Egli avrà spazzato via tutte le vostre qualità indesiderabili. Krishna ha detto: "L'uomo che si astiene fisicamente dagli oggetti dei sensi vedrà gli oggetti dei sensi allontanarsi per un po' di tempo, lasciandosi dietro solo il desiderio. Ma colui che contempla il Supremo è liberato anche dai desideri. Scacciate tutto il buio mediante la Sua luce, e i pensieri cattivi mediante i pensieri buoni. Eliminate la tentazione scoprendo l'attrazione superiore di Dio nella meditazione. Questa e l'arma migliore contro la tentazione. in qualsiasi momento sentiate che la vostra volontà sta per essere sopraffatta, meditate finché non sentirete la Divina Presenza.

Tratto da Paramahansa Yogananda, L'eterna ricerca dell'uomo, Astrolabio, Roma, 1980.

Paramahansa Yogananda



Paramahansa Yogananda nacque a Gorakhpur, India, il 5 Gennaio 1893. Nel 1920 si recò negli Stati Uniti (dove rimase per più di trent'anni) per diffondere la filosofia indiana e rivelare gli insegnamenti della realizzazione del Sé. Morì il 7 marzo 1952 a Los Angeles. Fondo la Self Realization Fellowship, un'organizzazione per la diffusione del Kriya Yoga: la sua missione ha avuto un ruolo cruciale nel diffondere lo yoga e la meditazione in Occidente.


La vita e gli insegnamenti di Paramahansa Yogananda sono raccolti nella sua Autobiografia di uno Yogi che, scritta nel 1946 è stata successivamente tradotta in moltissime lingue e ha trasformato la vita di milioni di persone. Yogananda ha sempre messo in risalto i principi eterni di ogni religione con l'obiettivo di sostenere le persone desiderose di fare esperienza interiore del divino, indipendentemente dalla religione d'appartenenza. Il significato della sua opera è ben sintetizzato in queste sue parole: "Non sono stato mandato in Occidente da Cristo e dai grandi maestri dell'India per dogmatizzarvi con una nuova teologia, per insegnarvi la scienza del Kriya Yoga, affinché possiate imparare come comunicare direttamente con Dio. E giunto il tempo di conoscere Dio!".

II Kriya Yoga

Le origini del Kriya Yoga (che significa "unione con l'infinito, attraverso una data azione rituale"), secondo la tradizione, si perdono nella notte dei tempi. Fu, tuttavia. Paramahansa Yogananda che ne diffuse la pratica soprattutto in Occidente.          

Tecnica del primo Kriya


Preparazione : Assumere una posizione corretta a spina dorsale diritta è estrema mente importante per una buona meditazione e, in modo particolare, per il Kriya Yoga. Si può stare seduti a terra a gambe incrociate o su una sedia con i piedi ben poggiati sul pavimento: in ogni caso la colonna vertebrale deve essere diritta. Il mento sia tenuto parallelo al suolo, le spalle bene all'indietro, il petto in fuori, l'addome rientrato. Le mani, palmi in su, si appoggino sulle cosce, dove si congiungono all'addome. Gli occhi rivolti al terzo occhio devono rimanere immobili e semichiusi o chiusi completamente.


Tecnica : II Kriya deve essere sempre eseguito con la più profonda concentrazione e il più completo distacco da tutte le distrazioni esterne. Immaginate la colonna vertebrale come una sorta di tubo cavo che dal coccige si estende al bulbo rachideo (alla base del cranio). Dal bulbo, questo tubo prosegue passando attraverso il cervello fino al terzo occhio. Dilatate la gola piegando la lingua indietro verso l'ugola; riportate poi la lingua nella posizione naturale sforzandovi di mantenere però l'espansione della gola ottenuta. Inspirate dalla bocca, lentamente e tranquillamente, contando fino a dieci o fino a quindici, immettendo l'aria nei polmoni dalla parte bassa della gola dilatata. Il respiro inalato dovrebbe dare un suono aspirato appena udibile di una "O" larga, quasi una "A", nel profondo della gola dilatata, e produrre una sensazione fresca. Sentite che la sensazione del respiro inalato è una corrente fresca che sale all'interno del cavo cerebrospinale, dal coccige al midollo allungato e fino al terzo occhio. Trattenete l'attenzione sull'interno del cavo cerebro spinale durante l'inspirazione. Trattenete brevemente il respiro mantenendo la concentrazione sul terzo occhio. Espirate dalla bocca, lentamente e tranquillamente, contando fino a dieci o fino a quindici, mentre espellete il fiato dalla parte alta della gola dilatata. Mantenete lo stesso conteggio per l'esalazione come per l'inalazione. Il respiro esalato dovrebbe dare il suonо арpena udibile di "I", nella parte alta della gola espansa, e produrre una sensazione calda. Sentite che la sensazione di calore del respiro esalante è una corrente calda, sottile, filiforme che discende entro la cavità del tubo cerebrospinale dal terzo occhio, e dal bulbo rachideo al coccige. Ripetete quanto precede in successione ininterrotta quattordici volte, senza pause e senza respirazioni intermedie. Eseguite il Kriya quotidianamente mattina e sera, regolarmente. Non interrompete la meditazione alzandovi subito o bruscamente dopo il Kriya.

I principi del Kriya Yoga si possono eseguire 14 Kriya alla volta, due volte al giorno (mattina e sera): dopo tre mesi di allenamento costante il numero dei Kriya, sia mattutini sia serali, viene portato a 24. Dopo di ciò sarà il vostro istruttore Kriya a consigliarvi in merito. Oltre alla pratica mattutina e serale der Kriya, è consentito eseguire alcuni Kriya (fino a se anche nel momenti liberi durante la giornata.                

Il terzo occhio

Il terzo occhio è il presupposto della chiaroveggenza. E situato nel centro della fronte leggermente spostato sopra le sopracciglia. É collegato al sesto chakra e all'ipofisi. L'attivazione del sesto chakra comporta il "risveglio" delle capacità intuitive e meditative personali. L'intuizione è la capacità di captare una verità senza fare ricorso al pensiero logico. Un individuo in Evoluzione passa dall'iniziale intuizione alla piena attivazione del terzo occhio e cosi alla veggenza. Quando il terzo occhio é totalmente aperto é possibile vedere e fare molte cose diventa possibile vedere altre realtà oitre a quella fisica come, per esempio, l'aura e gli stessi chakra. É possibile rivivere le proprie vite passate e compiere "voli astrali", Con il terzo occhio è possibile praticare la magia (sciamanesimo, guarigioni, esorcismi...).



Il Kriya Yoga (i cui gradi sono quattro), tramite una semplice e rigenerante pratica di respirazione, agisce sui centri energetici dell'uomo (chakras), determinandone il risveglio e consentendo la circolazione dell'energia pranica lungo la spina dorsale (kundalini) e la liberazione del karma. Il Kriya Yoga consta di disciplina corporea, controllo mentale e meditazione sull'AUM (OM). Patanjali parla di Dio come del reale suono cosmico OM. L'OM è la parola primordiale che nella meditazione si fa testimone della presenza divina. Inoltre Patanjali dice del Kriya: "... La liberazione può essere raggiunta mediante quel pranayama cui si arriva separando i processi dell'inspirazione e dell'espirazione..." L'iniziazione al Kriya vera e propria richiede solitamente almeno un anno di pratica quotidiana delle tecniche di base. Il Kriya è accompagnato fin dall'inizio da un senso di pace ritemprante e produce un effetto rigenerante. Per arrivare alla coscienza suprema è necessario il distacco della mente dalle impressioni sensoriali e la sua concentrazione sul terzo occhio. Per ottenere questo stato di distacco dai sensi, chiamato da Patanjali pratyabara si deve controllare l'energia vitale con il prenayama. Per immobilizzare i pensieri bisogna immobilizzare il respiro: solo allora si può avere autentica concentrazione (dharana) e iniziare la meditazione per giungere infine all'immedesimazione con il piano spirituale (samadhi). Per cominciare questo luminoso cammino e aprire la porta del terzo occhio è necessario "bussare" con il mantra dell'OM.           

Il Kriya yoga attraverso una rigenerante pratica di respirazione agisce sui chakra dell'uomo risvegliando così l'energia pranica

                                       

Il mantra dell'Om

Tra i vari concetti filosofico-spirituali mutuati dalla cultura indiana, uno dei più noti è quello di *mantra", termine sanscrito che significa "strumento per la mente". Il mantra é una formula, una parola o un semplice suono dotato di una particolare forza spirituale e sacrale. La sua ripetizione ritmica è in grado di modificare lo stato psicofisico di chi canta e di chi ascolta, consente all'energia (prana) di circolare e induce uno stato di calma, concentrazione e recettività. Tra i numerosi mantra esistenti, un discorso a parte merita l'OM, il "mantra dei mantra". Nell'OM, infatti, secondo le Upanishad, sono contenuti tutti i significati spirituali dei singoli mantra, essendo l'OM l'emanazione diretta del suono cosmico primordiale che vibra da sempre in ogni atomo dell'universo.               

                         

La tecnica dell'Om

1. Sedete in modo comodo mantenendo la schiena ben eretta. Appoggiate i gomiti su di un sostegno che li tenga alti in modo da riuscire a chiudere agevolmente i fori delle orecchie con i pollici.


2. Appoggiate i mignoli sugli angoli interni delle palpebre per mantenerle chiuse e impedire gli scatti nervosi degli occhi.

3. Appoggiate le altre dita sulla fronte.

4. Concentrate lo sguardo sul terzo occhio e mantenetelo fisso li.

5. Ripetete mentalmente il mantra OM.

6. Rivolgete tutta la vostra attenzione sull'orecchio destro, dove l'afflusso energetico è più intenso e i suoni si percepiscono prima.

7. Continuate a recitare mentalmente il mantra dell'OM in modo automatico: ogni sforzo mentale deve essere dedicato all'ascolto del suono autoprodotto e percepito all'interno dell'orecchio destro.

8. Ascoltate il suono di OM e unitevi totalmente a esso. L'OM è la manifestazione di Dio sotto forma del suono cosmico primordiale.                    


Krishnamurti

Jiddu Krishnamurti nacque l'11 maggio del 1895 a Madanapalle, un villaggio presso Madras nell'India meridionale, ottavo di dieci figli. Di salute cagionevole, in tenera età rischiò più volte di morire per via della malaria. Morta la madre nel 1905, Krishnamurti si trasferì con la famiglia ad Adyar dove si trovava il quartier generale della Società Teosofica, movimento religioso diffuso in tutto il mondo (fondato nel 1875 dall'americano Hol-cort e dall'occultista russa Helena Blavatsky) che credeva nella venuta imminente di un nuovo Messia: il "Maestro del Mondo" Uno dei dirigenti della Società, Charles Leadbeater, non tardò ad accorgersi della "speciale aura" che risplendeva attorno al piccolo Krishnamurti e si convinse ben presto del ruolo cui Krishnamurti era destinato: quello di annunciare l'avvento del Maestro del Mondo! Anche Annie Besant, presidentessa della Società Teosofica, confermò l'intuizione di Charles Leadbeater: nel 1910, la Besant chiese e ottenne la tutela legale di Krishnamurti e di suo fratello Nitya. Nel 1911 fu fondato l'Ordine Internazionale della Stella d'Oriente con l'obiettivo di preparare il terreno all'avvento del Maestro del Mondo. Jiddu e Nitya studiarono in Inghilterra e furono iniziati alle dottrine teosofiche. Negli anni successivi Krishnamurti cominciò a tenere le conferenze in giro per il mondo e a istruire i membri dell'Ordine; ben presto però cominciò a mettere in discussione i metodi Teosofici e a prenderne le distanze sviluppando un pensiero indipendente. Nel 1922 si trasferi con il fratello a Ojai, in California: Nel 1925 Nitya morì. Nel 1929 Krishnamurti sciolse l'Ordine affermando che "La verità è una terra senza sentieri" e che non la si potrà mai raggiungere attraverso nessuna organizzazione, chiesa, maestro o guru." Interruppe quindi i rapporti con la Società Teosofica e iniziò la sua missione divulgatrice in maniera autonoma e libera, rifiutando sempre l'adulazione, il servilismo e la definizione di guru. Mori il 17 febbraio 1986 a Ojai in California.




"La verità è un territorio senza sentieri tracciati. L'uomo non può raggiungerla per tramite di nessuna organizzazione, nessuna dottrina religiosa, nessun dogma, nessun sacerdote, o nessun rito, e nemmeno tramite qualche conoscenza o qualche tecnica filosofica. Egli deve trovarla tramite lo specchio delle relazioni (con gli altri uomini), tramite la comprensione di quanto é contenuto nella sua mente, tramite la osservazione e non attraverso la analisi intellettuale o la introspezione analitica...".

Jiddu Krishnamurti  

                                                   


Osho   



Osho Rajneesh nacque a Kuchwada l'11 dicembre del 1931. Dedicò la sua vita allo studio dell'uomo delineando un processo di liberazione per quanti si sentono oppressi da ideologie e tradizioni retrive e obsolete. Laureatosi in filosofia nel 1956, fu docente universitario a Jabalpur fino al 1966. Osho visse, all'età di 21 anni, quella realizzazione esistenziale che l'Oriente chiama "illuminazione". Per testimoniare e rendere possibile : agli altri i benefici della meditazione, nel1974 crea Poona un ashram trasformatosi con il tempo in un "laboratorio evolutivo" dove poter realizzare il proprio potenziale umano ed espandere la coscienza individuale. Si dedicò poi esclusivamente alla pratica e alla diffusione della meditazione. Nel 1981 andò negli Stati Uniti: nell'Oregon fondò l'ashram di Rajneeshpuram e li rimase fino al 1985, anno in cui fu estradato dalle autorità americane dopo un periodo di carcerazione per il supposto reato di frode. In seguito all'estradizione del Maestro la grande comunità sorta nello stato dell'Oregon si sciolse. Osho è stato per molti un personaggio scomodo e con le sue : dichiarazioni suscitava spesso scalpore: contestatore del potere, soprattutto religioso, è stato strenuo fautore della necessità umana di svincolarsi da ogni tipo di dipendenza istituzionale che impedisce all'uomo di evolversi e di espandere le sue facoltà. È morto a Poona il 19 gennaio del 1990.


La meditazione dinamica

Presso la scuola di Poona come in tutte le altre scuole sparse nel mondo ispirate al pensiero di Osho si insegnano le tecniche per la realizzazione e la conoscenza del Sé. Il pensiero di Osho, pur essendo decisamente eclettico, si colloca nell'ambito della corrente buddista mahayana. Quest'ultima, in contrapposizione alla corrente the ravada o hynayana, sostiene che l'illuminazione è sperimentabile già in questa esistenza e non nell'altra vita e che il desiderio umano rappresenta un canale essenziale per raggiungerla. In buddismo thenada invece postula una frattura netta tra questo e l'altro mondo, tra samsara (ciclo di nascita e morte che deve essere spezzato) e nirvana (estinzione), e ritiene inconciliabile il desiderio dell'uomo con lo stato di Illuminazione. Secondo Osho L'illuminazione (samadhi) è alla portata di tutti attraverso l'esercizio della meditazione dinamica. La meditazione dinamica è la disciplina che Osho ha messo a punto dopo un'attenta analisi dei disagi esistenziali che affliggono l'uomo moderno occidentale. La meditazione dinamica è costituita da 5 stadi e una sessione dura circa un'ora: il consiglio è di effettuarla un'ora prima dell'alba, cosicché l'ultimo stadio possa rappresentare simbolicamente la celebrazione del sole nascente, sia interiore che esteriore. In base al modello neurofisiologico sviluppato dal tedesco Ernst Gellhorn (1967), gli stati che abbiamo descritto possono anche essere distinti in "ergotropici" (i primi tre), ovvero caratterizzati da eccitamento energetico, e "trofotropici" (gli ultimi due), caratterizzati cioè da uno stato di rilassamento. Ciò che accomuna i 5 stadi è una disposizione d'animo distaccata e l'osservazione rilassata di tutto il processo. Nel primo stadio si pratica un tipo di respirazione definita "caotica", in grado di liberare le emozioni con modalità simili a quelle adottate nel Rebirthing. Nel secondo stadio, chiamato catarchico, la rabbia, il risentimento, la gioia o danza sollecitati nel primo stadio si esprimono liberamente. Nel terzo stadio l'eccitamento energetico è portato al massimo livello attraverso la recitazione ritmica e saltata del mantra "Huh", in grado di attivare il centro energetico posto nella zona pelvica. Conclusa questa fase, si passa al vero e proprio nucleo della meditazione con il rilassamento, il silenzio e la pace della fase trofotropica. Il terzo stadio della prima fase, infatti termina pronunciando la parola "Stop", che invita i partecipanti a fermarsi immediatamente e a restare immobili per 15 minuti, nella posizione in cui si trovano (primo stadio della seconda fase). Il secondo stadio della fase trofotropica, infine, consiste in un movimento di danza sottile. Osho Rajnesh ha frequentemente parlato della meditazione dinamica come di un potente mezzo per trasformare la nevrosi dell'uomo moderno in consapevolezza interiore.

Dicono di Osho

"Osho Rajneesh continua ad ispirare la vita di milioni di esseri umani: oggi, quanti si avvicinano ai suoi libri provano un profondo senso di mancanza per il fatto che non esista più in una forma fisica, ma il suo spirito è saldo e forte, e vive nelle sue parole".


The tribune


"Egli non discute tesi, non contrappone teorie, non dibatte. Egli guida, indica una strada, fa ragionare, spinge a capire, sollecita. È cioè un Maestro Spirituale.


Francesco Alberoni, sociologo

"Osho Rajneesh ha un senso forte, altissimo della vita... un amore della vita in tutti i suoi momenti, la sintesi della sua visione religiosa è che l'esistenza è divina, che la vita debba essere vissuta nella sua pienezza e che questa pienezza sia il segno stesso del divino".


Aldo Natale Terrin, teologo


"Come primo passo scegli qualcosa che ti attira. La meditazione non dovrebbe essere uno sforzo che ti imponi. Se è una cosa imposta, sarà un fallimento in partenza. Una cosa imposta non ti condurrà mai alla naturalezza. Non serve creare conflitti inutili. Lo si deve capire, perché la mente ha una capacità naturale, una tendenza verso la meditazione, è sufficiente che le siano offerti oggetti che la attraggono. Se in te il corpo è l'elemento dominante, esistono mezzi che ti possono far raggiungere Dio attraverso il corpo, perché anche il corpo appartiene a Dio. Se senti che il cuore è l'elemento dominante dentro di te, allora prega. Se senti che l'intelletto è in te l'elemento dominante, allora medita. Ma le mie meditazioni hanno una peculiarità: ho tentato di creare metodi che siano utili a tutti e tre i tipi di individui. In essi si usa molto il corpo, ma si usa molto anche il cuore e l'intelletto. Ho riunito questi tre elementi per lavorare su persone diverse in modi diversi. Corpo, cuore, mente: tutte le mie meditazioni hanno lo stesso orientamento. Partono dal corpo, attraverso il cuore e raggiungono la mente per poi andare oltre. Ricordati sempre che qualsiasi cosa, quando ti diverte, può scendere in profondità dentro di te. Il fatto che ti diverte significa semplicemente che è adatta a te. Il suo ritmo è in sintonia con il tuo. Tra te e il metodo esiste una sottile armonia. Quando ti diverti con un metodo, non provarne altri, non essere avido: approfondisci quel metodo quanto più ti è possibile. Puoi praticarlo una volta ogni giorno e, se ti è possibile, due volte. Più lo metti in pratica, più ti divertirà. Abbandona un metodo solo quando non ti dà più alcuna gioia: a quel punto la sua funzione si è esaurita. Cerca un altro metodo: nessun metodo ti può portare diritto alla meta finale; durante il viaggio dovrai cambiare diversi treni. Un metodo ti porta solo fino a un determinato stato dell'essere; da li in poi non ha più alcuna utilità, si è esaurito. Quindi, devi ricordare due cose: quando un metodo ti diverte, approfondiscilo quanto più ti è possibile, ma non fissarti, perché un giorno dovrai abbandonare anche questo. Se ti fissi troppo sul metodo, si trasformerà in una droga: non riuscirai più ad abbandonarlo. Non ti darà più alcuna gioia, non ti dirà più nulla, ma ora sarà diventato un'abitudine".


Osho


Osho riteneva tutte le dottrine religiose castranti e limitanti perchè erano come prigioni che impedivano il processo evolutivo credeva nella pace e nel bene comune senza armi, e promuovendo anche il sesso libero e l'amore libero. Vi invito a leggere i suoi libri e farvi un idea.



Commenti

Post popolari in questo blog

Meditazione cap 3 - Il ruolo della concentrazione nella meditazione

Capodanno Cinese 2024 anno del drago

Musica e Spiritualità : Loredana Bertè - Pazza