Meditazione cap 8 - Meditazione e religioni

 Meditazione cap 8 

Meditazione e religioni

Parlerò delle diverse correnti religiose che legano la meditazione alla preghiera per chi ha un altro credo religioso ma vuole sapere se può praticare la meditazione.

Madonna del diadema - Raffaello

La meditazione e le religioni 

La meditazione è una componente comune a tutte le pratiche religiose, incluse quelle delle tre religioni monoteiste. In esse è strettamente connessa alla preghiera piuttosto che al controllo del sé, come avviene invece nelle discipline orientali. Essenzialmente la meditazione è rivolta a Dio e l'estasi religiosa è il risultato finale della totale immersione nell'essere divino.


                                                             

 Ebraismo




La seconda metà del XX secolo ha visto accrescersi e approfondire l'interesse per la mistica orientale. La corrente mistica dell'ebraismo, che fonde dottrine della cabala medievale e dello chassidismo del XVIII secolo, ha trovato nuovo vigore e sapiente espressione nell'opera del filosofo Martin Buber (1878-1965).

Tra i mistici moderni, impegnati nell'ardua impresa di coniugare esperienza del divino e realtà storica, spiccano le figure di Pierre Teilhard de Chardin (1881- 1955) e di Simone Weil (1909-1943). La cabala è la sapienza mistica e spirituale contenuta nella Bibbia ebraica. In passato la cabala era nota solo a pochi iniziati meritevoli, adesso è accessibile a un numero sempre maggiore di persone. Una particolare importanza è attribuita alla meditazione e all'espressione artistica, soprattutto alla musica e al canto sacro. La cabala, per concludere, accoglie l'influsso.della filosofia e dell'esoterismo cristiani in due concetti chiave, e cioè nella convinzione che il piano divino sotteso all'archi- tettura dell'universo sia intelligibile all'uomo e che l'essere divino sia comprensibile, almeno in parte, attraverso la meditazione.                                                                                                               

                                                    


La cabala o Qabbalah 

In ebraico il termine qabbalah significa "tradizione, ricezione Indica l'insieme delle dottrine esoteriche e mistiche dell'ebraismo diffuse soprattutto dal x secolo in Spagna e Provenza e descritte nello Zohar, il "Libro dello Splendore", redatto attorno al 1280-86. La cabala spagnola medievale è un sistema teosofico che si serve di un linguaggio fortemente simbolico per spiegare la natura di Dio e le sue occulte connessioni con il creato. Essa comprende due aspetti fondamentali: uno teorico-dottrinale, che prevede l'interpretazione allegorica delle Sacre Scritture, e uno pratico-magico, che consiste in una sorta di autoipnosi contemplativa fondata sul supposto potere sacro della lingua ebraica e su quello degli angeli, invocati insieme ai dieci nomi designanti i poteri di Dio, le sefirot. Una branca particolare del cabalismo spagnolo del xix secolo era il cosiddetto "Sentiero dei nomi": Abraham  Abu'lAfiya, il suo ideatore, elaboró una complicata tecnica di meditazione basata sulle infinite combinazioni delle lettere dell'alfabeto ebraico. Al di là di ogni contemplazione umana esiste Dio quale è in sé, l'immutabile En Sof (Infinito).

                                                   

Cristianesimo


Tranne che per autentici mistici, per i quali la preghiera è innalzamento a Dio, la preghiera di solito consiste in una ri- chiesta, una supplica al fine di ottenere qualcosa o nel ringraziamento per una grazia ricevuta. La preghiera, quindi, è rivolta a qualcosa di esterno, mentre la meditazione ci riconduce nel nostro intimo. Nella meditazione cristiana quindi il centro dell'attenzione non può essere altro che Dio.

Nel xx secolo si è rinnovato l'interesse per la mistica cristiana come testimonia la riflessione di William James (1842-1910), autore di Varietà dell'esperienza religiosa (1902).

L'analisi attenta della società contemporanea mostra che l'uomo vuole riscoprire il vero raccoglimento interiore e il profondo contatto con il mistero divino. All'interno dei nuovi movimenti religiosi, ma anche nello stesso ambito ecclesiale, è oggi diffuso il ricorso a metodi di meditazione orientale non cristiana, come, per esempio, la Meditazione Trascendentale, lo yoga e lo zen.

                                               La preghiera Cristiana  

La preghiera cristiana è una pratica semplice e spontanea, che sgorga da un cuore puro.

La vera natura della preghiera cristiana è concepita come un dialogo intimo tra l'uomo e Dio. Tuttavia la preghiera cristiana è allo stesso tempo una pratica personale e comunitaria, in quanto esprime la comunione del popolo redento (la Chiesa) con il Signore. Già nelle pagine dell'Antico Testamento i Cantici e  i Salmi insegnano a lodare e ringraziare Dio; con il Nuovo Testamento e la rivelazione di Dio in Cristo, è Gesù stesso che dà indicazione su come pregare insegnando il Padre Nostro (Mt 6, 7-15 e Lc 11, 1-4) ai suoi discepoli. Ogni preghiera contemplativa cristiana, al contrario di altre forme di meditazione, non si propone di eliminare la distanza fra creatura e Creatore: le esperienze dei mistici consistono proprio nella rivelazione all'uomo dell'assoluta alterità e trascendenza di un Dio che però accetta di farsi uomo per salvarci. Già nei primi secoli di vita della Chiesa si diffusero alcuni modi erronei di pregare, come per esempio accade con le correnti dello gnosticismo e del messalianismo. Gli errori fondamentali di queste dottrine, secondo il pensiero cattolico, consistono in alcune tecniche di meditazione che sono presentate come rapidi procedimenti per arrivare a Dio superando e nullificando la distanza fra creatura e Creatore. È frequente in esse il richiamo a concetti buddisti come il nirvana. Secondo la chiesa cattolica, il tentativo di fondere la meditazione cristiana con le tecniche orientali, presenta il rischio di incappare in almeno due errori: anzitutto quello di dimenticare che le cose terrene sono segni che rimandano alla volontà divina, e poi quello di cadere nel sincretismo religioso; la chiesa cattolica, infatti, pur non rigettando quanto c'è di vero e santo nelle altre religioni e non disprezzando in toto le forme di meditazione non-cristiana, non vuole assolutamente perdere di vista la concezione cristiana della preghiera. La spiritualità cristiana di tutti i tempi (S. Gregorio Magno, S. Agostino, S. Bernardo, S. Bonaventura, S. Teresa d'Avila, S. Giovanni della Croce, S. Ignazio di Loyola...) considera il cammino spirituale come costituito di tre momenti cruciali:                                                

  1. la via purgativa, che consiste nella purificazione dal peccato e dalle passioni e dai vizi;

  2. la via illuminativa, che consiste nell'acquisizione delle virtù e di una più ampia comprensione del mistero divino;                   

  3. la via unitiva, ovvero la tappa finale del percorso spirituale, rappresentata dall'unione mistica con Dio.

Anche le forme di meditazione non-cristiana, attraverso varie tecniche, propongono uno svuotamento dell'uomo dalle passioni e un rientrare in se stessi per raggiungere Dio e un certo benessere psico-fisico.                  

La postura del corpo e la preghiera Cristiana                                                     

L'uomo è costituito di corpo, mente e spirito: la preghiera, quindi, non può non coinvolgere tutte e tre queste dimensioni dell'essere. Sono stati i maestri spirituali dell'Oriente cristiano a sottolineare l'importanza della giusta postura del corpo nei momenti di preghiera. L'esercizio della "preghiera di Gesù", per esempio, che consiste nel ripetere il nome di Cristo o un'invocazione assecondando il ritmo naturale del respiro, può essere un buon inizio per imparare a coordinare parole, respiro e postura. È sempre più radicata la convinzione che la persona debba essere coinvolta "anima e corpo" nei momenti di preghiera. Le pratiche di meditazione non-cristiana, se utilizzate con accortezza, possono costituire un aiuto per la preghiera del cristiano; tuttavia questi è invitato ad aspirare a un obiettivo molto più ambizioso: la "preghiera continua che permea di sé ogni azione della vita quotidiana. A tal proposito S. Paolo afferma: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio" (1 Cor 10, 31). Questa affermazione ci ricorda che l'autentica preghiera cristiana rifiuta i fronzoli e gli aspetti più complicati e artificiosi delle varie tecniche meditative. La preghiera cristiana è una pratica semplice e fondamentalmente spontanea, che sgorga da un cuore puro e fiducioso nella benevolenza e misericordia divina e pronto ad accogliere la luce dello Spirito Santo. 


Chaddismo

Lo Zohar dà un'interpretazione cosmico-simbolica dell'ebraismo: episodi e protagonisti della storia di Israele non sono che l'emanazione di processi ed eventi della vita interiore di Dio. Sotto questa luce, l'osservazione scrupolosa dei dieci comandamenti riveste un significato cruciale. L'En Sof si contrae in sé al momento della creazione, rendendo così possibile l'esistenza del mondo ma anche la presenza del male! La missione dell'uomo è operare per la redenzione del mondo e il ricongiungimento con Dio. Indispensabili strumenti, a questo scopo, sono la preghiera e la stretta osservanza dei comandamenti. La cabala finisce così col trasformarsi in un movimento messianico popolare, che darà vita al messianismo sabbaziano e al chassidismo del XVIII secolo. Il chassidismo è un movimento mistico popolare ebraico, caratterizzato da un notevole rigore morale, sviluppatosi dalla seconda metà del XVIII secolo fra i ghetti dell'Europa orientale. Predica la comunione con Dio e la redenzione dai peccati.        

                  

Mistica cristiana                                             

Tra le figure maggiori del cristianesimo delle origini nelle quali è possibile riconoscere i tratti di un'esperienza mistica spicca S. Paolo, per il ritratto che ne dipingono gli Atti degli Apostoli e per i cenni autobiografici contenuti nelle sue lettere. Il Vangelo di Giovanni in particolare insiste sui temi della vita spirituale e dell'interiorità del credere. In epoche posteriori la mistica cristiana ricevette una connotazione neo- platonica dagli scritti dello Pseudo-Dionigi (V-VI secolo), membro dell'areopago ateniese convertito da S. Paolo, tradotti dal greco in latino nel IX :secolo dal filosofo irlandese Giovanni Scoto Eriugena (810-877). Nel Medioevo la mistica trovò espressione nella sfera monastica: i mistici più celebri furono monaci o frati come S. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) e S. Francesco di Assisi : (1182-1226). S. Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), mistico e filosofo scolastico. 




Johannes Eckhart (1260 ca-1327), noto come Meister Eckhart, è considerato il mistico principale della tradizione tedesca. Da segnalare sempre in area germanica le figure di Giovanni Taulero (1300-1361) e Heinrich Suso (1295-1366): entrambi furono seguaci di Eckhart. Tra i grandi mistici cristiani sono numerose le donne, in particolare la tedesca Santa Ildegarda (1098-1179), S. Caterina da Siena (1347-1380) e la spagnola S. Teresa di Avila (1515-1582), che nel Castello interiore narrò con linguaggio fortemente simbolico la sua esperienza mistica. Con la sua tensione verso la libertà spirituale, a volte in contrasto con le formule teologiche e la disciplina ecclesiastica, la mistica contribuì all'avvento della Riforma protestante. I più importanti mistici protestanti furono Kaspar Schwenckfeld von Ossig (1489-1561) e Jakob Böhme (1575-1624). La Riforma cattolica produsse gli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola (1491-1556).

La mistica cristiana autentica non ha niente a che vedere con la tecnica: è sempre un dono di Dio, di cui chi ne beneficia si sente indegno.

Dal documento redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della meditazione Cristiana, 15 ottobre 1989, n. 23.                                                          


L'esicasmo ovvero la "preghiera del cuore"


L'esicasmo (dal greco hesychia, calma, assenza di preoccupazione) è una corrente della spiritualità orientale antica e si può definire come un sistema spirituale di orientamento contemplativo che ricerca la perfezione dell'uomo nell'unione con Dio tramite la preghiera incessante il cammino della "preghiera del cuore consta tappe. La preghiera vocale coinvolge l'uomo nella sua corporeità, perché interessa le labbra, la lingua, la postura, la voce. Le parole vengono pronunciate ad alta voce, oppure sommessamente, o silenziosamente dalle labbra e dalla lingua. Mentre si recitano, l'attenzione si sofferma sul significato delle parole pronunciate, che devono essere piuttosto costanti e ripetitive. La preghiera mentale fa invece appello all'attività intellettuale riflessiva. Più sviluppata in Occidente, in Oriente è considerata come una fase di passaggio che serve unicamente come preparazione alla preghiera del cuore. Quest'ultima si ha quando la mente ripete la formula senza il con corso delle labbra o della lingua; l'interiorità è cresciuta, c'è una maggiore facilità di attenzione e di concentrazione. La preghiera spesso assume un suo ritmo proprio, a volte "canta" in noi spontaneamente. Quando la preghiera diventa, come disse Teofane il Recluso, "un sospiro del cuore verso Dio", allora si è nella autentica preghiera spirituale. Solo questa è veramente "preghiera del cuore", cioè orazione di tutto l'uomo, corpo, mente e spirito. La preghiera qui non è più una serie di atti, ma un puro stato contemplativo. La preghiera si fa strada nel cuore e da li permea tutta la personalità. Il suo ritmo si identifica sempre più con il battito del cuore, finché giunge ad essere incessante. Si compie quanto S. Paolo afferma nella sua 1" Lettera ai Tessalonicesi: "Pregate incessantemente (5,17)

La "preghiera del cuore" e il respiro

Un aspetto molto importante nella preghiera esicastica è la regolarizzazione del respiro. A dare una chiara indicazione sull'esistenza di precise tecniche di controllo del respiro è San Giovanni Climaco. "il ricordo di Gesù sia unito al tuo respiro, e allora capirai l'utilità della solitudine". Questa tecnica del controllo del respiro non è una mera ginnastica fisiologica, bensì un mezzo per realizzare quella sinergia con le stesse parole dell'invocazione del Nome, fino al punto in cui la sacra formula viene essa stessa respirata scandendone i ritmi con le pulsazioni del cuore. Così si realizza l'apertura dell'occhio della mente grazie al legame che unisce respirazione, circolazione del sangue e pensiero. Per dirla con E. Zolla: "la respirazione esicastica riproduce, in senso opposto ed ascensivo, l'attività cosmologica divina: quando espira, Dio crea il mondo, lo plasma, lo trae in essere; quando inspira riassorbe il mondo, lo riprende".

San Ignazio di Loyola e gli Esercizi spirituali

San Ignazio considerava gli Esercizi non come opera sua, bensì come un dono di Dio per tutta la Chiesa. Gli Esercizi non erano stati studiati e composti a tavolino, ma messi in pratica nel suo eremo di Manresa, dove per quasi un anno condusse un'esistenza ascetica. Egli teneva a precisare che gli Esercizi vanno eseguiti e non solo letti!

Nei suoi Esercizi spirituali enuncia ben quattordici modi diversi di raccogliersi in preghiera, e cioè: la considerazione, la meditazione, la ripetizione, il riassunto, l'esame di coscienza generale e particolare, la contemplazione, l'applicazione dei sensi, l'elezione, la contemplatio ad amorem, i tre modi di pregare. La disponibilità di scelta per il fedele è davvero vasta e asseconda, di volta in volta, le disposizioni, le necessità, i gusti e le finalità che si desidera raggiungere.

Particolarmente interessanti per i punti di contatto con la tecnica meditativa sono la descrizione sia del secondo sia del terzo modo di pregare.

Il secondo modo di pregare consiste nel contemplare il significato di ogni parola della preghiera: "

Il secondo modo di pregare consiste nel fatto che la persona, in ginocchio o seduta, come meglio si sente e secondo la devozione che ha, terrà gli occhi chiusi o fissi in un punto, senza girarli qua e là, e dirà Padre riflettendo su questa parola per tutto il tempo che, nelle considerazioni pertinenti a tale parola, troverà significa- ti, paragoni, gusti e consolazioni. b. Faccia poi lo stesso con ogni parola del Padre Nostro o di qualsiasi altra preghiera che volesse recitare così. 1 regola. La prima regola è che impiegherà, nella maniera già detta, un'ora per tutto il Padre Nostro, finito il quale, dirà l'Ave Maria, il Credo, l'Anima Christi e la Salve Regina, vocalmente o mentalmente secondo il suo solito. 2 regola. La seconda regola è che, se la persona che contempla il Padre Nostro trovasse in una o due parole molta materia di meditazione, insieme a gusto e consolazione, non si dia pensiero di passare oltre, anche se dovesse impiegare in quel- lo che ha trovato tutta l'ora, finita la quale, dirà il resto del Padre Nostro, secondo il solito. 3 regola. La terza è che se si è intrattenuto per un'ora intera su una o due parole del Padre Nostro, un altro giorno, quando vorrà tornare su quella preghiera, dica le suddette una o due parole secondo il solito, e cominci a contemplare, come si è spiegato nella seconda regola, dalla parola che segue immediatamente.

1 nota. C'è da dire che, finito in uno o più giorni il Padre Nostro, si deve fare lo stesso con l'Ave Maria e poi con le altre preghiere, in modo che per qualche tempo ci si eserciti sempre in una di esse.

2 nota. La seconda nota è che, finita l'orazione, ci si rivolga con poche parole alla persona [divina, n.d.r.] alla quale viene diretta la preghiera e si chiedano le virtù o grazie di cui si sente maggiore necessità". Riportiamo, infine, le istruzioni del terzo modo di pregare, cioè la preghiera ritmata: Il terzo modo di pregare consiste nel fatto che ad ogni respirazione o movimento respiratorio si deve pregare mentalmente pronunciando una parola del Padre Nostro o di qualche altra preghiera che si recita, in modo tale che una singola parola venga detta tra un respiro e l'altro.  Mentre poi dura il tempo tra un respiro e l'altro si badi principalmente al significato di tale parola, o alla persona a cui si rivolge la preghiera, o alla propria pochezza, o alla differenza tra quella altezza e la propria bassezza. c. Seguendo lo stesso metodo, si andrà avanti con le altre parole del Padre Nostro. d. Infine, secondo il solito, si recitano le altre preghiere, cioè l'Ave Maria, l'Anima Christi, il Credo e la Salve Regina.

  1. regola. La prima regola è che un altro giorno o in altra ora, quando vuole pregare, dica l'Ave Maria ritmando e le altre preghiere come al solito, poi alla stessa maniera si regolerà per le altre.

  2.  regola. La seconda è che chi voglia trattenersi più a lungo nell'orazione ritmata, potrà applicarla, come è stata spiegata, a tutte le sopracitate preghiere o a una parte di esse". (brani tratti da Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Edizioni Paoline, Milano, 1978, pp. 223-227).


Meditazione islamica: il Sufismo

I mistici Sufi, attraverso la meditazione e l'ascesi, aspirano all'unione con Allah

Il Sufismo (forse dal termine arabo suf. che indica l'abito di lana grezza indossato dagli asceti musulmani) è un movimento religioso islamico diffusosi a partire dal IX secolo specialmente fra i sunniti. I mistici sufi, attraverso la meditazione e l'ascesi, aspirano all'unione con Allah. La componente panteistica insita nelle loro dottrine ha procurato loro l'accusa di eterodossia: nel 922, a Baghdad, fu giustiziato il sufi al-Hallaj, colpevole di avere proclamato la propria identità con Dio. Per merito di Al-Ghazali (1058-1111), filosofo e mistico persiano, il sufi- smo poté riconciliarsi con l'Islam ortodosso. Le dottrine sufiche trovarono la loro espressione più significativa nelle opere dei poeti persiani Gialal al Din Rumi (1207- 1273) e Hafiz (1320-90 ca), oltre che negli scritti dello stesso Al-Ghazali. Il sufismo è senza dubbio la corrente più esoterica e mistica della religione islamica. Vivendo in una perfetta adesione all'istante presente e in un'accettazione incondizionata della realtà intesa come manifestazione di Dio, i santi e i saggi sufi pervengono alla più alta realizzazione spirituale annullandosi nella divinità: il sufismo è la via che porta dall'individuale all'universale. Il sufi intrattiene una relazione di elezione (walayat) con la divinità: il sufi entra in comunione spirituale con essa attraverso un lungo cammino di ascesi spirituale (maqamar) da compiersi sotto la guida di un maestro in grado di trasmettere al discepolo uno stato di benedizione soprannaturale (baraka). Secondo il sufismo ogni epoca è illuminata dalla nascita di un Maestro dotato della natura di "uomo perfetto" (quth), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato dell'annientamento in Dio (fa- na), dell'esistenza tramite Dio e della conoscenza. Il qutb del sufismo, a differenza dell' imam degli sciiti, non dipende da una particolare linea di discendenza famigliare e non appare come figura isolata nel contesto della. sua epoca: rappresenta, piuttosto, il vertice di tutta una gerarchia di maestri venerabili, dotati di facoltà e poteri analoghi ai suoi. I sufi, infatti, venerano come santi, non solo i quth, ma anche numerosi maestri del passato, personaggi santi estranei alla loro dottrina e gli imam degli sciiti! Il sufismo è organizzato attorno a comunità monastiche che osservano il celibato e la regola della povertà, svolgono pratiche di umiliazione pubblica di sé e la ripetizione di formule di invocazione a Dio. Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia.  Fra le principali confraternite sufi attive dal XII secolo si annoverano quelle dei marabutti e dei senussi (Africa settentrionale) e quelle dei dervisci di cui parleremo diffusamente nel prossimo paragrafo.

Rumi e i dervisci rotanti


I dervisci (dal persiano darwish, mendicante, povero) sono i membri di alcune confraternite sufiche, diffuse soprattutto in Turchia e in Iran che si propongono l'unione mistica con Dio mediante l'ascesi e la danza Alcuni dervisci conducono un'esistenza nomade, mentre altri vivono in monasteri e sono dediti alla preghiera e all'ascesi; non mancano, infine, confraternite di dervisci laici, che celebrano i loro riti in pubblico con intento spettacolare: durante le cerimonie gli adepti raggiungono l'estasi mistica con tecniche suggestive e impressionanti come, per esempio, infilandosi aghi nel corpo o camminando sulle braci.

Per quanto si richiamano direttamente a Maometto, le confraternite dei dervisci si svilupparono in epoche successive; al 1165 risale la fondazione della scuola dei "dervisci urlanti" così detta per le invocazioni rivolte a Dio in stato di esaltazione; al XIII secolo quello dei dervisci mevlevi, famosi come "dervisci ruotanti", fondato dal già citato poeta mistico persiano Gialal al-Din Rumi, i cui membri cercano l'estasi mistica disponendosi in cerchio e ruotando freneticamente su se stessi.

La città santa di Konya, in Turchia, è teatro del sama estatico dei dervisci rotanti: dal 1273, anno della morte del loro fondatore, ogni 17 dicembre festeggia la ricorrenza con musiche e balli. Nella loro vertiginosa danza, accompagnata dal suo- no del flauto e dei tamburi, essi si tolgo- no il mantello nero, simbolo dell'oscuro mondo in cui l'anima è prigioniera e co- minciano a ruotare senza posa facendo perno su un piede. La mano destra, spalancata verso il cielo, accoglie la grazia divina; la mano sinistra, rivolta verso terra, trasmette l'energia celeste al mondo mortale. Il cappello cilindrico simboleggia invece la pietra tombale che l'iniziato desidera deporre sulle passioni terrene. Lo scopo della danza (dhikr) è generare uno stato di estasi rituale e accelerare il contatto tra la mente del derviscio e la divi- nità di cui egli si considera parte.   

Vi è una sola Religione, il diretto avanzamento verso l'Ideale, che costituisce il vero scopo della vita di ogni anima.

www.movimentosufi.com



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